Migranti: Movimento Poliziotti, nessuna violazione diritti
Agenti replicano ad Amnesty, noi sempre pronti ad accogliere
PALERMO
(ANSA) – PALERMO, 5 NOV – In un rapporto di Amnesty International vengono denunciate diverse violazioni dei diritti di rifugiati e migranti che sarebbero avvenute a Palermo. Ma gli agenti del XI Reparto Mobile della città non ci stanno e hanno diffuso un documento per contestare quanto affermato dall’organizzazione per i diritti umani. “Il nostro reparto – scrive il movimento dei poliziotti democratici e riformisti – è in assoluto tra i reparti mobili più impegnati. Da sempre ed in prima linea nei centri d’accoglienza e negli Hotspot non solo per motivazioni connesse alla loro ubicazione geografica ma anche per una innata predisposizione professionale volta alla vera e reale accoglienza. In numerose occasioni il personale di detto reparto ha supplito, materialmente e rapidamente, all’assenza di alcuni generi di assistenza che sarebbero dovuti provenire non solo da Amnesty International (tra l’altro raramente presente nei siti indicati) ma talvolta anche da altre ‘blasonate’ Ong”. “Senza mai venire meno ai loro obblighi istituzionali – prosegue il documento – i colleghi si sono nel tempo trasformati in infermieri, in soccorritori, in bagnini, in religiosi, in cuochi, in dispensatori di giocattoli, in clowns, in insegnanti di italiano, in distributori di leccornie e soprattutto si sono distinti per l’essere stati quel ‘Poliziotto Amico’ che questa povera gente non aveva mai conosciuto nei loro paesi d’origine”. “I meravigliosi colleghi del Reparto Mobile di Palermo – sottolinea la nota – ascoltano da più di 20 anni storie orribili fatte di violenze e soprusi raccontate loro proprio dagli stessi migranti non rimanendo indifferenti e spesso commuovendosi”. Gli agenti lamentano l’assenza di collaborazione da parte delle organizzazioni non governative dalle quali avrebbero ricevuto interferenze, talvolta di natura ostruzionistica. “Non è una novità tra i colleghi l’aver rilevato che ogni qualvolta gli animi si infervoravano tra gli ospitati (il più delle volte a causa delle lungaggini burocratiche connesse) piuttosto che trovare negli appartenenti alle Ong un naturale canale di mediazione trovassero invece ‘fotoreporter dell’ultimo momento’ che impugnando smartphone e videocamere, stavano lì in attesa del ‘momento’ con cui eventualmente sottoporre alla crocifissione gli operatori presenti”. “In tutti questi anni – conclude la nota – i colleghi non hanno mai assistito a nessun genere di tortura elettrica, manuale o ‘a carbone’ che sia e se mai questo si fosse verificato proprio loro per primi avrebbero agito per come le leggi di questa Repubblica impongono”.(ANSA).
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